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La trilogia di Bruno de Filippis

Dizionario Alternativo



AMORE (definizione)

Straordinaria e bellissima ubriacatura, spesso sostenuta dalla passione, talora anche solo dai sentimenti, in virtù della quale una persona viene sopravvalutata, a volte enormemente. È la cosa più bella che può capitare agli umani.

 

AMORE (durata)

Per la sua stessa natura e per la sopravvalutazione che comporta, non è destinato a durare a lungo, a meno che non resti nella sfera dei sogni ed eviti un contatto troppo stretto con la realtà.

 

AMORE (finalità)

Le forze che governano l’evoluzione darwindianamente intesa l’hanno fortemente inserito nel DNA umano per assicurare la riproduzione, nonché per ripagare in qualche modo i poveri esseri, che della vita sopportano il peso, di dolori e sacrifici disseminati in essa. Se la proporzione prevista (e sopportabile) era di una gioia per molti dolori, cosa resta all’uomo se togliamo l’amore?

 

AMORE (nemici)

Tutti coloro che, consapevolmente o meno, si oppongono alla realizzazione degli amori altrui. Per millenni, questo ruolo è stato svolto principalmente dalle religioni e dagli invidiosi.

 

AMORE (passionalità)

Premio per gli innamorati ricambiati, che è possibile riscuotere un certo numero di volte, prima che divenga routine.

 

CARCERIERE/SECONDINO

Persona cui la società, la Chiesa e lo Stato hanno attribuito il compito di controllare che il partner non si allontani dalla gabbia che hanno costruito per lui. In realtà, le sbarre della gabbia racchiudono entrambi.

 

CONSERVATORI/GUARDIANI DELLA RIVOLUZIONE/DIFENSORI DELLA TRADIZIONE

Tutti coloro che si impegnano per conservare e perpetuare gli errori del passato.

 

CORNA

Indovinata concentrazione maligna, in una sola parola, dello strumento di pressione collettiva per indurre gli individui a non decidere con la propria testa in vicende relative alla sfera strettamente personale.

DIALOGO NELLA COPPIA

Quando si tratta di una coppia che sta insieme da troppo tempo, è l’incontro di due sordi, ognuno dei quali cerca di spiegare inutilmente all’altro quanto ha torto e quanto è stupido.

 

DIVORZIO

Fallimento di una promessa di amore eterno

Consapevole presa d’atto del fatto che due persone con il tempo cambiano.

 

FEMMINICIDA

Sicario pazzo, armato da una subcultura malevola, che per centinaia di anni gli ha riempito la testa con parole come corna, tradimento e possesso.

 

GELOSIA

Sentimento inevitabile quando si ama, nonché prova dell’amore stesso.

Brutto difetto dell’essere umano, dovuto al fatto di considerare la persona amata o un partner vero o supposto come oggetto di possesso. Andava inserita tra i vizi capitali, ma qualcuno capì che poteva essere utilizzata come forza dirompente per tenere gli umani incatenati e mantenere la stabilità sociale. In ragione di ciò, è stata legalizzata e sublimata.

 

INNAMORATO PAZZO

(Vedi sopra – definizione dell’amore come ubriacatura)

Persona alla quale l’alcool fa male.

 

TESEO (che abbandonò Arianna sull’isola di Nasso)

Esempio letterario di infame traditore.

Esempio riprovevole di egoismo e irresponsabilità, ma anche di irrefrenabile desiderio di libertà.

 

TRADITORE

Persona che sta in un posto mentre il suo cuore è altrove. Termine dispregiativo. In realtà il disvalore andrebbe attribuito a chi ha costruito la prigione nella quale è stato rinchiuso.

 

VERITÀ

È un ingrediente ideale per una soddisfacente vita insieme, ma anche una pericolosa fiala di nitroglicerina, in grado di far esplodere la coppia e tutto ciò che c’è intorno a essa, per decine di chilometri.

 

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Il dizionario sopra riportato merita qualche spiegazione.

Tutto parte, come sempre, dal passato e si fonda sulla “resistenza” dell’uomo ai cambiamenti.

L’essere umano, oltre a essere fortemente condizionabile, è fortemente abitudinario. Spesso si sente prigioniero della routine, ma senza di essa non sa vivere. Gli schemi che la routine crea nella mente sono tranquillizzanti e non richiedono l’attenzione (e quindi lo sforzo mentale) che la ricerca di nuovi percorsi o nuovi assetti richiede. Ciò che si pensa e si fa ogni giorno crea nel cervello solchi sempre più profondi, che è facile percorrere, mentre è difficile uscire da essi e cercare nuove strade.

L’essere umano è stanco e pigro e, una volta trovato uno schema di comportamento, un assetto di vita, una volta che si è collocato (adagiato) in un sistema sociale o culturale, non vuol cambiare.

Quello che accade per il singolo, vale anche per la collettività. Se non vi fossero le nuove generazioni, la specie umana sarebbe da sempre immobile come l’essere parmenideo.

I giovani, tuttavia, sono condizionati dal passato, dal pesante fardello che infinite generazioni hanno realizzato e hanno messo sulle loro spalle.

Per alcune cose riescono a creare innovazione, ma di altre sembrano non accorgersi e tendono a conservare ciò che esiste, senza valutare se sia ancora adeguato e/o razionale. Ciò si verifica, in particolare nella sfera cosiddetta privata, che comprende i costumi sessuali.

Per alleggerire il discorso, si può ricordare la storiella della panchina. Si narra che a Napoli, negli anni ottanta, presso una caserma dell’esercito fosse previsto, tra i compiti che ogni settimana venivano affidati per rotazione e consacrati in un ordine scritto, il servizio di “piantone alla panchina”, vale a dire: un soldato doveva restare nei pressi di una panchina e impedire che qualcuno si sedesse su di essa. Nessuno si era mai chiesto perché. (Non dimentichiamo che siamo in ambito militare). Un giorno si scoprì che, quaranta anni prima, durante l’occupazione americana, la panchina era stata verniciata ed era stato impartita quella disposizione, che nessuno aveva poi pensato di revocare.

Si può sorridere, ma la situazione, per argomenti importanti, è analoga.

La società, in passato, aveva molti problemi, uno dei quali rappresentato dai “bastardi”. In libri d’epoca (trattati giuridici) si legge che ladri, truffatori e prostitute erano statisticamente, per la grandissima parte, bastardi e che il loro proliferare era dovuto all’indole “leggera” delle donne. Non sembra che ci si ponesse il problema del perché quanti fossero abbandonati ed emarginati finissero per non osservare le regole poste a tutela di una collettività dalla quale erano esclusi, né sembra si dubitasse che le donne dovessero essere custodi della “virtù”, mentre gli uomini potevano agire come volevano, essendo assolti a priori da ogni responsabilità.

Inoltre, il proliferare di figli illegittimi metteva a rischio i patrimoni delle famiglie ricche e lo stesso, complessivo, ordine sociale.

In tale contesto, qualcuno pensò di risolvere il problema vietando i rapporti extramatrimoniali e criminalizzando la donna che non rispettasse il divieto.

L’essere umano, tuttavia, è per natura poligamo, perché la poligamia è funzionale alle esigenze della specie, come è scritto nel patrimonio genetico di ciascuno. Poiché quest’input è molto forte, per contrastarlo vittoriosamente erano necessarie misure altrettanto energiche.

Lo Stato intervenne imponendo il carcere per gli adulteri. Le religioni fecero di più, minacciando la lapidazione in questa vita e l’Inferno nell’altra. Poiché neppure questo bastava, la trovata geniale consisté nel puntare sulla gelosia, sull’invidia e sulla forza del gruppo sociale. Per chi violasse la regola, fu inventato il disprezzo collettivo, che si può simboleggiare nella lettera scarlatta di Hawthorne, cucita sul petto dell’adultera o nelle braccia che, in Anna Karenina, come in un ballo figurato, si alzavano per far passare Vronskij e si abbassavano inesorabilmente per proibire l’ingresso a lei (ormai per sempre bollata) nella vita di società.

E per l’uomo? Nulla per l’adultero, ma su qualcuno si poteva intervenire, vale a dire sul marito, il padre o il fratello della donna colpevole. Per questo si puntò sul concetto di onore (cioè su di un valore massimo della società di allora) con il parallelismo tra mancanza di reazione alla violazione e mancanza di onore della famiglia.

Cosa si poteva fare di più? Fu applicato il massimo della forza possibile, per reprimere esigenze naturali e fortissimamente avvertite.

Il popolino interpretò il concetto a modo suo, in modo molto più semplice, ma efficacissimo: la donna colpevole di amore fu definita come sappiamo (chi sa quanti miliardi di volte, nei secoli, quella parola è stata ripetuta per colpire e inibire) e agli uomini “responsabili” di lei furono attribuite, per vergognosa somiglianza con gli animali, le universali corna.

Carcere, punizione eterna, emarginazione sociale (una forma di bullismo legalizzata) e copiose dosi di insulti furono sguinzagliati contro uomini e donne “colpevoli di amore”.

Tornando alla panchina: oggi tutto ciò è ancora necessario?

I bastardi non esistono più. I figli nati fuori del matrimonio non si chiamano neppure illegittimi e gli stessi figli “adulterini” possono essere riconosciuti dai genitori e hanno gli stessi, identici diritti degli altri. Essi non costituiscono più un problema.

I figli nati fuori del matrimonio non sono più “bastardi” e ciò che succede all’interno della coppia dovrebbe essere un problema privato, sul quale Stato, Chiesa e seguaci del pettegolismo di paese farebbero bene a non intervenire.

Lo Stato se n’è accorto. Ha abolito il carcere per l’adultera (bontà sua), ha introdotto il divorzio ed ha persino aperto le porte alla discussione circa l’abolizione dell’addebito nella separazione.

La Chiesa non se n’è accora (o non ha voluto accorgersene), ma importa poco, perché coloro che la seguono sono in costante diminuzione.

Resta la mentalità, radicata nell’opinione pubblica meno evoluta culturalmente, del disvalore dei comportamenti amorosi che si svolgano al di fuori del perimetro convenzionalmente ammesso.

Resta la forza dei termini inventati dal popolino.

Restano i comportamenti dei pazzi, che hanno assorbito la cultura del passato e, senza che nessuno li fermi combattendo tale cultura, continuano a uccidere.

Per superare tutto ciò, ci vorrà ancora tempo. Non dimentichiamo che l’uomo discende dalla scimmia e ha in sé parti del cervello di altri più antichi animali.


 




 

 



Bruno de Filippis

Bruno de Filippis, magistrato dal 1978, autore di numerosissime opere giuridiche, pubblicate dalle maggiori case editrici nazionali, direttore e curatore di collane, più volte ascoltato come esperto di diritto di famiglia dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, ha collaborato alla stesura di leggi, tra cui la 54/2006, in tema di affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio. Ha presieduto o ha partecipato come relatore ad innumerevoli convegni in svariate località italiane. Ha diretto l’attività di commissioni di studio per la riforma del diritto di famiglia. Ha elaborato progetti di riforma per il riconoscimento dei diritti delle coppie non matrimoniali e delle coppie composte da persone dello stesso sesso, dei minorenni adottati nelle forme dell’adozione in casi particolari, dei nati da madri che non intendono essere nominate e delle persone che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.